Libero Cecchini
La casa è un ombrello
Da bambino guardava passare i treni, fantasticando, anche quando il cattivo tempo lo obbligava a ripararsi con l’ombrello. Quel guscio sulla testa è stato il suo primo sentore dell’architettura.
Tutti conoscono l’architetto Libero Cecchini e il suo rapporto con Verona, di cui può essere considerato il “padre”, onnipresente negli anni della sua ripresa post-bellica, sia negli accurati restauri e attente ricostruzioni sia nei progetti dei nuovi edifici pubblici e privati del periodo. Dimore urbane ed extraurbane da lui ideate sono tuttora attuali nella concezione spaziale e nell’uso dei materiali. Si può sostenere a pieno titolo che l’architetto Cecchini si inserisca nell’ambito operativo di Brunelleschi, Palladio, Gaudì, Mies van der Rohe, maestri di epoche diverse, ma accomunati da una profonda conoscenza dei materiali, delle tecniche più appropriate al progetto, con i risultati ottimali che solo la perfetta applicazione di questi parametri consente. In particolare quella residenziale privata, ma in generale tutta l’architettura di Cecchini è dominata dalla presenza costante della componente naturale che, in forma e peso diversi, irrompe nello spazio interno definendone il carattere. La vegetazione ad alto fusto viene spesso integrata come elemento puntuale nell’impianto distributivo: attorno ad essa si muovono gli spazi, come in Villa Locchi, o si generano e si distribuiscono i volumi, come in una delle tre Ville Heberlein sul Lago di Garda. L’acqua viene convogliata in un sistema di percorsi e connessioni artificiali, memoria di antiche canalizzazioni, nella sequenza interno – esterno – piscina di Villa Petracca. Le montagne e il lago partecipano degli spazi interni attraverso ampie aperture finestrate presenti in tutte le case per vacanze.
La pietra naturale è utilizzata lavorata nei rivestimenti interni e nelle pavimentazioni e grezza, struttural, nei muri a secco (in alcuni casi usati come semplici sostegni di terrazzamenti come in Villa Locch, in altri come ossatura della fabbrica come in Casa Cecchini a Boscochiesanuova o in Villa Buffatti – Chierego).
“Abitare nel paesaggio” e “Residenze nel tessuto urbano” sono i due temi trattati da Bruno Zevi, motivando il premio Palladio a lui attribuito nel 1960, dice dell’opera di Cecchini (una villa sul Lago di Garda): “Questa fedeltà alla natura è premiata: specialmente all’interno, la natura pervade la casa, il fogliame filtra fra le vetrate, la luce si incarica di modulare gli effetti senza forzarli”. Non è già tutto detto in queste poche parole? E ancora meno ne servono all’autore, che si limita a sintetizzare così: “Costruire nelle pieghe del paesaggio”. Pensiamo agli sbancamenti inutili, alla natura violata, ai materiali negati, alla volgarità che è diventata regola; mettendo in atto le frasi appena citate tutto quello che oggi offende e condiziona chi vive con sensibilità e cultura non avrebbe spazio.
I progetti urbani di Libero Cecchini anticipano di decenni i principi di orientamento e suddivisione interna solo oggi normalmente applicati, per cui le sue architetture degli anni sessanta hanno l’attualità di quelle che progetta oggi. Valutazione dei servizi comuni, del verde, delle scuole, attenzione alla qualità di vita all’interno e all’esterno: la dignità dell’Uomo sempre in prima linea, con tutto quello che comporta nella stesura del progetto, in una compenetrazione sociale efficace, un contesto umanamente sostenibile; case alloggio per gli anziani di 40 anni fa sono ancora d’esempio, come la casa per artisti in cui la parte comune a piano terra prevede locali per gestire mostre autonomamente. Neppure il più accreditato psicologo potrebbe concepire meglio il modo per dare dignità al tempo finale di chi ha speso la vita per l’arte, e sente ancora la necessità di muoversi in quell’ambito.
L’arte interamente intesa è espressione usuale per Libero Cecchini; oltre all’architettura, e alla scultura a cui era destinato dai tempi e dai luoghi (ma poi andò diversamente), il disegno e la pittura sono ancora vivacemente praticati. Un’altra storia da ascoltare e da ricordare: sollecitato dall’intervento per una Via Crucis da inserire all’interno di un locale di preghiera, in una parrocchia della provincia, l’architetto Cecchini ha unito a questa esperienza l’emozione per la recente scomparsa di un sacerdote a lui caro, dalla vita esemplare: il suo volto e il suo operato gli hanno infatti suggerito una formella, “il Cireneo”, non certo unica nel suo cammino d’arte.
Già negli anni ’40, infatti, aveva modellato formelle con scene bibliche per l’altare di Boscochiesanuova. Altre committenze religiose, come le chiese di Ceraino e Gaium, nei primissimi anni della sua carriera, lo avevano avvicinato a questi temi.
La sua partecipazione umana, culturale e artistica agli eventi, piccoli e grandi del suo tempo è sempre stata la radice prima del suo essere fortemente ancorato alla storia e alla vita: un breve ricovero ospedaliero (sempre con un “pezzo di carta” per disegnare) gli ha dato lo spunto per fissare sul foglio espressioni e posture di sofferenza, suggerendogli l’immagine di un Cristo “sepolto nel mare dei migranti”. Maurizio e Rosabianca Angiari, coordinatori dello Spazioarte Pisanello, lo hanno convinto ad esporre questi temi, che ad ottobre hanno rivelato ai veronesi un altro profondo aspetto, meno conosciuto, dell’architetto. La sua non è arte religiosa ma sacra: non rivela Dio, esprime il tormento esistenziale dell’Uomo. Coerentemente, non ha fatto altro per tutto il suo percorso di vita che lavorare per lui.
Lia Franzìa (da Abitare Verona n. 36 Dic 2009)
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Forti. Verona 1986-2001
Casa Atelier Bosco Cecchini. 1961
Cittadella Museale. Cagliari - 1956-79
Camera di Commercio. Verona - 1947-50
Il 20 aprile 2020, all’età di 100 anni
è venuto a mancare Libero Cecchini.
L’Associazione tutta, di cui era membro onorario,
esprime il proprio sentito cordoglio.
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